Luca (nome di fantasia) è un bel bimbo di sei anni, uno di quelli che a spegnergli la luce degli occhi ci vuole crudeltà pari a quella di un criminale seriale, o di un politico. Luca gioca, parla, scherza, ma il suo peso profondo non è quello di non aver ottenuto l’ultima Nintendo Ds con lo schermo più grande che “bisognava comprargliela se no chi lo sente”, Luca ha un suo personale gioco elettronico. Uno di quelli in cui hai vite, energia e ostacoli da superare. Possiamo dire che in comune con tanti bambini ha che lui a questo gioco elettronico ci si attacca fin dalla mattina, è una fissazione. Avrete sentito molte madri in tutti i giardinetti d’Italia esclamare esasperate “se non gioca almeno un’ora con supermario, non vive..”.
Anche Luca se non si appiccica appresso il suo gioco non vive. Ma non vive proprio. Perchè vivere per un bimbo a sei anni non è solo respirare, che sarebbe vegetare, vivere a sei anni è farsi passare davanti gli occhi i tagli di luce di una imprevista giornata di sole autunnale, condita da tappeti elastici, giardini, palloni e liti inutili quanto costruttive tra amici per un giocattolo non dato. Vivere è sentire il papà che mentre stringe forte il suo piccolo uomo sussurra “cucciolo mio ti voglio bene”.
Vivere è essere amati. L’amore gonfia i cuori, li fa scoppiare di piacere. L’amore provoca quelle belle paresi che i sognatori chiamano sorrisi. Aiutatemi voi a definire chi calpesta tutto questo senza nemmeno alzarsi dalla sua sedia. Ditemi cosa fareste a quel culo comodo che dà solo risposte degne del cattivo odore che può uscire da quell’orifizio, e promesse fatte di panna acida.
Luca per vivere deve stare appeso al suo personale gioco elettronico, chiamato impianto cocleare, uno strumento che serve a fargli sentire, Luca è sordo, ha una grave malattia all’apparato uditivo fin da quando era talmente piccolo da non potersi dire nemmeno bimbo
Il suo “gioco elettronico” però è diventato vecchio, ed è anche pesante. Fisicamente è quasi intrasportabile, per cui sarebbe giusto (mi verrebbe da dire “moralmente giusto”, ma ormai questo mondo mastica più pornografia di comportamento umano che dignità), sostituirlo urgentemente per dare a Luca quella vita che merita. Perchè nessun bambino merita la sua mancanza di libertà, aggiunta a una colpa di una malattia che mai avrebbe voluto.
Ma alle urla del suo buio uditivo, fa eco il silenzio della Asl di competenza, che peraltro si è anche lamentata dei continui solleciti della famiglia. Per farvi tornare su il pranzo, vi dico anche che è una di quelle Asl che non si è distinta per virtù amministrative.
Il dirigente ha risposto piccato che “non ci sono soldi per una spesa del genere, troppo onerosa”.
Troppo. Onerosa.
Un bimbo di sei anni è oneroso. Il padre si venderebbe un rene per parlargli dietro le spalle e essere sentito da lui, per vederlo voltare al suono del suo nome. Per una Asl è una spesa onerosa. Perdonate se al sottoscritto è venuta voglia di augurare che buona parte di certe buste paga di dirigenti e politici sia corrosa da “onerose voci di spesa in medicine per cure serie, gravi e personali” . Almeno capirebbero per empatia e immedesimazione. Ma non servirebbe. Chi nasce tondo, dice il proverbio..
Io non ne ho abbastanza, vorrei soffermarmi sulle perle di un altro dirigente Asl, altrettanto disturbato dalle richieste di una paziente che ha avuto una laringectomia per un tumore alle corde vocali. Ha bisogno di una serie di medicazioni e apparecchi necessari per far funzionare la fistola fonatoria. Ha inoltrato la richiesta stando attenta a tutti i cavilli burocratici. La risposta per sei mesi di seguito, ovviamente passati automedicandosi e spendendo soldi che non gli verranno restituiti, è stata: “il dirigente sta valutando la pratica”.
L’incauta paziente ha avuto anche l’ardire di andare a disturbare personalmente il dirigente, pensate lo abbia trovato prono sulla pratica? Magari che si scervellava su come poter affrontare questa spesa fondamentale?
Magari.
Colui il quale verrebbe definito da Don Mariano ne: Il giorno della Civetta, quaquaraqua, per ben un’ora ha parlato al telefono, per cose assolutamente private e personali, finite le quali, ha detto alla povera sventurata che non aveva diritto a nulla, che si andasse a studiare la normativa e che non si azzardasse più a prendere appuntamento con lui, perchè non l’avrebbe mai più ricevuta.
Io non aggiungo altro.
Anzi si. Se sentite salire qualcosa da un punto a metà tra il cuore e il basso ventre, non è ulcera.
Si chiama indignazione, mista a voglia di fare anche qualcosa di istintivo manesco e liberatorio, ma siete persone civili e dovete contenervi, altrimenti vi comportereste come le bestie illustrate sopra.
In ogni caso se sentite queste pulsioni, complimenti, siete ancora umani.
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